Pseudo-intervista-tranqui con Lucio Corsi


Nella suggestiva cornice del Cinema Teatro Lux di Pisa si è svolto, in una calda, caldissima sera del 10 Luglio, il Pisa Folk Fest: sul palco si sono avvicendati artisti, molto diversi tra loro ma che, in qualche modo, rappresentano la crème de la crème italiana di quell’evanescente genere noto come “folk”. Ma non è questo il punto, oggi: il punto è che tra un gruppo e l’altro sono riuscita con grande gioia a fare una bella chiacchierata con il giovane e promettente Lucio Corsi.
Oltre ad averci regalato un live breve ma intensissimo, col quale è stato capace di catturare anche chi non lo conosceva – figuratevi me, che cercavo di beccare un suo concerto da mesi e mesi -, giù dal palco si è rivelato disponibile come immaginavo, anzi molto più alla mano di quanto potessi immaginare. Ne è scaturita una pseudo-intervista “tranqui” su di lui, la sua musica, i tacchini, le larve, le camicie strambe, Milano e molto altro. Cominciamo dal principio: com’eri da bambino? Voglio dire che la Maremma, gli animali, i giochi che si fanno da piccoli, tutto questo sembra a volte essere il filo conduttore della tua poetica. Raccontami un po’ cosa ti piaceva fare, che tipo di bambino eri e come alla fine questo ha influito nella tua musica.
Beh, da bambino ero piuttosto tranquillo. Gli animali ci sono nelle canzoni proprio perchè c’erano nella mia infanzia: mi divertivo ad andare alla ricerca di larve e lucertole, un po’ come fanno i cani, perchè sono cresciuto in un podere. Mia nonna aveva delle galline, per il resto però non avevamo animali.. ah, e una volta un tacchino mi attaccò. Scherzi?! Io pure sono stata attaccata da un gallo quando avevo quattro anni, è stato traumatico! Si, in effetti sono piuttosto aggressivi, anche se non sembra, mai fidarsi dei volatili!

Sempre restando bene o male in tema “passato oscuro”, pensi ci sia stato qualcosa che abbia influenzato la tua capacità narrativa, che mi pare evidente solo ascoltando i tuoi pezzi, o è stata una pura dote naturale? Mah, dal punto di vista musicale l’ispirazione mi è venuta da piccolo guardando The Blues Brothers con mio padre, la prima volta. Poi l’ho rivisto 627 volte da solo, imparandolo praticamente a memoria e penso lì mi sia un po’ entrata la pulce nell’orecchio di voler suonare. Poi ovviamente me l’ero dimenticato, ma per fortuna è ritornato fuori da sè! Per il resto ovviamente quando scrivo mi guardo intorno e prendo qualcosa da tutte le esperienze che faccio e ho fatto, di certo anche tutto il percorso fatto da bambino ha influito. Delle cose che mi capitano tengo quello che mi segna, e ci aggiungo un po’ di fantasia – che non è una bugia!

Dopo il liceo ti sei trasferito a Milano, dove vivi tutt’ora: questo cambiamento come ha influito sulle tue canzoni? Ci sono nei primi due EP (Vetulonia/Dakar e Altalena Boy) delle canzoni “milanesi” o risalgono tutte al periodo precedente? Senza dubbio allontanarmi dalla mia terra mi ha fatto capire ancora di più quanto ci sono affezionato. Alcune persone se ne vanno dalla propria città e non rimpiangono di averlo fatto, io invece mi rendo conto quanto Vetulonia e la Maremma siano state e siano importanti per me; tipo il mare, che l’ho sempre avuto di fronte e ora che non ce l’ho sento che mi manca. Di canzoni che ho scritto a Milano ce ne sono già in Altalena Boy, ad esempio Migrazione generale dale campagne alle città, ma di canzoni su Milano ancora non ne ho scritte.

Il 16 e il 17 Luglio suonerai a Lugano, ospite del Lugano Buskers Festival insieme a numerosi altri artisti italiani e internazionali. Volevo chiederti come l’esperienza della musica di strada ha cambiato il tuo rapporto con il pubblico, il tuo feeling ora che sei sempre su un palco. Sicuramente il fatto di aver suonato per un periodo per le strade mi ha insegnato un sacco di cose su come interagire con le persone: come attirare l’attenzione ad esempio. Quando suoni per strada la gente non è lì per sentirti, sta solo a te farti notare e poi mantenere la tensione sempre alta. Basta lasciare un attimo di pausa e le persone continuano ad andare dove erano dirette! Poi c’è quello che ti guarda male, chi non ti ascolta e tira dritto, e devi cercare di coinvolgere anche loro: una volta imparato questo, stare sul palco è molto più semplice.

Sappiamo che uno dei tuoi generi di riferimento è il Glam Rock, no? Anche se magari non si sente poi tanto dalle tue canzoni. Certo, basta guardarti per capirlo. Ma a dirla tutta questo stile è autentico o fa parte dell’immagine che vuoi costruirti? Ma quello è passione! Sono sempre stato appassionato di queste cose, Lou Reed, Iggy Pop, David Bowie, i T-Rex, sono gli artisti che mi porto nel cuore e riascolto ogni tanto con piacere, insieme ai cantautori italiani dei tempi andati. Quindi si, il glam rock emerge per questo nel mio modo di fare. Allora te pure quando sei in casa da solo, che non ti vede nessuno, ti vesti con le stesse robe che indossi ai concerti o nei set fotografici?! Certo, proprio perchè questo è il mio stile, per le cose che mi hanno segnato; mi garba proprio andarmi a cercare le camicie dorate e le cose più impensabili. E’ anche l’estetica del Glam Rock che mi ha conquistato, poi chissà che non riesca anche a riprodurla anche nelle sue sonorità, mi piacerebbe molto.

Di certo non mancherà occasione per una svolta, sei molto giovane. Proprio riguardo questo, nella tua casa discografica, che è Picicca, sei entrato in contatto con molti artisti più maturi di te, penso a Brunori stesso, Appino, Bobo Rondelli. Pensi ce ne sia uno da cui hai imparato di più, di cui ti senti un po’ più figlio? Beh in Picicca mi sento davvero a mio agio, ho conosciuto  tutti questi artisti e li apprezzo, sono contento di lavorarci, però sinceramente non mi sento figlio di nessuno di loro in quanto a ispirazione. Siamo anche parte di generazioni diverse quindi sarebbe davvero difficile; certo, lavorando con loro si impara molto, come da tutte le esperienze che si fanno nell’ambito, quindi ovviamente ne sono ben contento.

Dopo averlo ascoltato per mesi  e averlo visto con la grinta che ha sul palco del Lux vi dico soltanto: tenete d’occhio questo ragazzo!

11 pensieri su “Pseudo-intervista-tranqui con Lucio Corsi

      1. No in realtà sono soltanto una che ci si diverte xD Ho appena iniziato, sono una novellina ma cerco di mettere le idee che formulo per me – o con cui magari intontisco i miei amici – per iscritto. Mi piacerebbe molto lavorare per una testata però 🙂 ti ringrazio moltissimo comunque

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      2. Te lo consiglio perché hai tutto da imparare e così affini anche il tuo stile. Tanto di testate ne trovi quante ne vuoi! Te l’ho detto, c’è sostanza in quello che scrivi, con un po’ di lavoro puoi davvero diventare bravissima 🙂

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